Quanto incide la bellezza a livello psicologico sui rapporti personali e interpersonali? Quanto l’aspetto esteriore di una persona è importante per la formazione del suo carattere e dei suoi rapporti con il mondo esterno? Sentirsi bene con il proprio corpo, dona alla mente quella sicurezza che ci fa apparire agli occhi degli altri più “belle” e ci aiuta a relazionarci meglio con loro. Però tale desiderio di migliorarsi e sentirsi più attraenti, anche grazie all’aiuto della chirurgia estetica e plastica, non deve ossessivamente sconfinare nel volere essere a tutti i costi simili ai modelli indicati dalla nostra società.  Con questo articolo, che ripercorre l’evoluzione della bellezza femminile vista nel corso della storia, la psicologa Federica Faustini analizza anche l’aspetto legato ai problemi psicologici che, spesso, possono nascondersi dietro il voler raggiungere la bellezza a tutti i costi. In questi casi forse, bisognerebbe fermarsi e riflettere!

di Federica Faustini
Psicologa

 

 

LA BELLEZZA E IL TERMINE “ESTETICA” DA KANT FINO ALL’ETÀ MODERNA

“Aesthetica” ha origine dalla parola greca αἴσθησις, che significa “sensazione” e dal verbo αἰσθάνομαι, che significa “percepire attraverso la mediazione del senso”. Immanuel Kant riprende il termine estetica nel 1790 in Critica del Giudizio dove, a proposito del “giudizio estetico” espone la sua teoria sul bello soggettivo e su quello naturale (oggettivo) che si esprime nel sentimento del sublime, gettando di fatto le basi dell’estetica moderna. Difficile stabilire un significato unico che racchiuda il senso del bello. Claude Lévi-Strauss ha evidenziato come la necessità dell’uomo di essere bello, sia talmente antica da non poter essere datata. Per molti la bellezza è soggettiva, è funzione del tempo, determinata culturalmente, variabile storicamente e geograficamente.

 

L’EVOLUZIONE DELLA BELLEZZA FEMMINILE LEGATA AL RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ

Ogni epoca storica ha avuto il suo modello di bellezza ideale, documentato dalle fonti letterarie e iconografiche, che da sempre si sono ispirate alla figura femminile. Il modo di rappresentarla e il ruolo simbolico da essa svolto, sono cambiati nel corso dei secoli, di pari passo con il variare del gusto estetico e con il diverso modo di concepire il ruolo della donna nella società.
Ogni popolo, nel corso della storia, ha definito la bellezza secondo i canoni della propria cultura, fissando un criterio di bellezza riconosciuto a livello universale, che inevitabilmente mutava con il volgere del tempo. Si è passati, infatti, dalla prosperità delle veneri primitive, in cui l’ideale della bellezza era legato al tema della fecondità (per cui seno, fianchi e ventre venivano rappresentati in maniera marcata), alla civiltà egiziana, grande cultrice della bellezza e dell’uso della cosmesi per valorizzarla (Cleopatra e Nefertiti, usavano la kohl per creare occhi allungati e seducenti, donando alla loro immagine femminilità, sensualità, fascino e seduzione), alla ricerca, poi, dei canoni estetici perfetti nel periodo della Grecia classica, dove grazia, proporzione e misura erano percepite come un tutt’uno necessario per donare alla figura femminile equilibrio e simmetria (si pensi alla Venere di Milo fine II sec. A.C.), fino allo stereotipo femminile settecentesco, perfettamente rappresentato dalle iconografie di Maria Antonietta D’Asburgo-Lorena (incarnato bianco, volto coperto da uno spesso strato di biacca, bocca rossa, sopracciglia marcate e ben disegnate, acconciatura molto elaborata e vitino da vespa – reso possibile attraverso l’uso di busti e corsetti che esaltavano fianchi e seno – simbolo di seduzione e femminilità). Però, se nel Settecento la donna doveva rappresentare femminilità e trasmettere seduttività, il prototipo della bella borghese ottocentesca, invece, risiedeva soprattutto nelle marcate rotondità, nelle forme morbide, nel volto tranquillo, simbolo di benessere e di maternità riuscita.

 

IL ‘900 E IL CAMBIO RADICALE DELLA BELLEZZA LEGATO SEMPRE ALL’EMANCIPAZIONE DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ

E’ con l’arrivo del Novecento che l’idea di bellezza femminile risente maggiormente dei cambiamenti politici, sociali ed economici del suo periodo storico. Si assiste all’emancipazione della donna, al movimento femminista e al suo inserimento nel mondo del lavoro. Di conseguenza, cambia il modo di percepire ed esibire il proprio corpo e questo comporta, a cadenza decennale, vere e proprie rivoluzioni estetiche: dalla femme fatale della Belle Epoque, slanciata e sinuosa (forma ad “S”), al fisico atletico e capello corto della garçonne,dalla flapper degli anni Venti, trasgressiva, senza seno, senza fianchi, scattante e dal temperamento nevrotico che ama le sigarette, la musica jazz e Coco Chanel, alle prime pin-up degli anni Quaranta dove la donna raggiunge il massimo della femminilità e della sensualità, al ritorno delle misure canoniche degli anni Ottanta (60/90/60) dove tutte le icone televisive e cinematografiche aspirano a somigliare a Barbie, fino ad arrivare alla magrezza femminile degli anni Novanta.

 

IL CAMBIAMENTO DELLA BELLEZZA NEL TERZO MILLENNIO LEGATO AL NUOVO RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ: DA SOLO “MAMMA” A “MAMMA E MANAGER”

Con il terzo millennio, infine, il cambiamento dello stereotipo femminile arriva insieme al nuovo ruolo della donna che, da madre e moglie, si lancia nella carriera, iniziando a competere con l’uomo sul lavoro, nella ricerca del potere e del successo. Nella nostra società, in cui la comunicazione di massa si è da tempo impadronita dei temi riguardanti immagine corporea e bellezza, in cui si assiste a un’immagine ben determinata dai modelli proposti continuamente dai mass media, intimamente radicati nell’immaginario collettivo e adottati come standard sociali, in una comunità narcisista nella quale tutti aspirano a fare una buona impressione sugli altri, spendono soldi ed energie per essere più belli, apparire più giovani, in cui il successo è al centro dell’interesse, l’essere in forma diventa un imperativo categorico e ogni cultura persegue questo obiettivo a suo modo. Se le donne asiatiche, seguono fedelmente i canoni della bellezza tradizionale, desiderando labbra lucide, pelle di porcellana, sopracciglia lunghe, alimentandosi con riso, tè verde, frutta, funghi cinesi per conservare bellezza e giovinezza, le donne occidentali si servono della chirurgia plastica ed estetica.

 

ETÀ MODERNA: INTENSIFICAZIONE DEL BELLO, SPESSO ANCHE “OSSESSIVA”. QUALI SONO I RISVOLTI PSICOLOGICI?

Se è vero che da sempre le donne hanno desiderato essere belle, oggi si assiste a un’intensificazione della ricerca del bello in tutte le sue infinite sfaccettature, tanto che si parla di vera e propria ossessione, un obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Sicuramente un dato inconfutabile è che la bellezza genera piacere in chi la possiede e in chi la osserva. Platone scriveva: “Ciò che è bello è buono”, ma quali sono i risvolti a livello psicologico?
Studi condotti dalla Psicologia Sperimentale hanno dimostrato che alcune caratteristiche tra cui la statura, la conformazione dei denti, il colore dell’iride, la larghezza della pupilla, la presenza di occhiali e barba, la grandezza delle labbra, il peso, la magrezza delle gambe, la presenza o meno di difetti dermatologici, sembrano assumere un ruolo chiave nell’instaurarsi dei rapporti interpersonali, nel trovare un partner, nella ricerca del lavoro.
La bellezza nei rapporti interpersonali. Già da piccolissimi i bambini più attraenti vengono giudicati più socievoli, estroversi e facili da gestire, in ambito scolastico. I bambini più attraenti sono considerati, infatti, più popolari.
La bellezza in campo lavorativo. Anche in campo lavorativo l’attrattività sembra rappresentare un ruolo chiave. Gli uomini di potere spesso utilizzano come carta vincente la compagnia di donne giovani e belle, cosi come negli impieghi a contatto con il pubblico il fattore estetico viene considerato elemento discriminante ai fini dell’assunzione. Inoltre la bella presenza, esercita un punto di forza nella scelta del candidato da parte degli elettori.

 

LA BELLEZZA COME UN FATTORE POSITIVO PER LA PROPRIA AUTOSTIMA E SICUREZZA MA SENZA FARLA DIVENTARE “OSSESSIVA”

In questi studi sperimentali, viene spiegato come uno dei processi attraverso i quali la bellezza gioca un ruolo chiave nella quotidianità, è determinato dall’effetto alone, un bias cognitivo per il quale la percezione di un tratto è influenzata dalla percezione di uno o più tratti dell’individuo o dell’oggetto. In questo modo, chi è bello è anche buono e intelligente. Un tale giudizio è privo di evidenza e fondamenta scientifiche, ma sicuramente può agire da fattore protettivo nel ridurre alcune manifestazioni d’ansia come l’ansia sociale: le persone tendono ad attribuire rinforzi positivi alle persone maggiormente attraenti e questo rappresenta un punto di forza per l’incremento della sicurezza in se stessi. Se includiamo questo aspetto all’interno del concetto di salute come uno stato di completo benessere corporeo, mentale e sociale, allora è plausibile considerare la bellezza come un fattore positivo per la propria autostima, purché il desiderio di migliorarsi e di percepirsi più attraenti non sconfini nella convinzione che essere come si è non vada bene e che si debba correggere ossessivamente ciò che non corrisponde ai modelli indicati dalla società odierna.

Quanto incide la bellezza a livello psicologico sui rapporti personali e interpersonali? Quanto l’aspetto esteriore di una persona è importante per la formazione del suo carattere e dei suoi rapporti con il mondo esterno? Sentirsi bene con il proprio corpo, dona alla mente quella sicurezza che ci fa apparire agli occhi degli altri più “belle” e ci aiuta a relazionarci meglio con loro. Però tale desiderio di migliorarsi e sentirsi più attraenti, anche grazie all’aiuto della chirurgia estetica e plastica, non deve ossessivamente sconfinare nel volere essere a tutti i costi simili ai modelli indicati dalla nostra società.  Con questo articolo, che ripercorre l’evoluzione della bellezza femminile vista nel corso della storia, la psicologa Federica Faustini analizza anche l’aspetto legato ai problemi psicologici che, spesso, possono nascondersi dietro il voler raggiungere la bellezza a tutti i costi. In questi casi forse, bisognerebbe fermarsi e riflettere!

di Federica Faustini
Psicologa

 

 

LA BELLEZZA E IL TERMINE “ESTETICA” DA KANT FINO ALL’ETÀ MODERNA

“Aesthetica” ha origine dalla parola greca αἴσθησις, che significa “sensazione” e dal verbo αἰσθάνομαι, che significa “percepire attraverso la mediazione del senso”. Immanuel Kant riprende il termine estetica nel 1790 in Critica del Giudizio dove, a proposito del “giudizio estetico” espone la sua teoria sul bello soggettivo e su quello naturale (oggettivo) che si esprime nel sentimento del sublime, gettando di fatto le basi dell’estetica moderna. Difficile stabilire un significato unico che racchiuda il senso del bello. Claude Lévi-Strauss ha evidenziato come la necessità dell’uomo di essere bello, sia talmente antica da non poter essere datata. Per molti la bellezza è soggettiva, è funzione del tempo, determinata culturalmente, variabile storicamente e geograficamente.

 

L’EVOLUZIONE DELLA BELLEZZA FEMMINILE LEGATA AL RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ

Ogni epoca storica ha avuto il suo modello di bellezza ideale, documentato dalle fonti letterarie e iconografiche, che da sempre si sono ispirate alla figura femminile. Il modo di rappresentarla e il ruolo simbolico da essa svolto, sono cambiati nel corso dei secoli, di pari passo con il variare del gusto estetico e con il diverso modo di concepire il ruolo della donna nella società.
Ogni popolo, nel corso della storia, ha definito la bellezza secondo i canoni della propria cultura, fissando un criterio di bellezza riconosciuto a livello universale, che inevitabilmente mutava con il volgere del tempo. Si è passati, infatti, dalla prosperità delle veneri primitive, in cui l’ideale della bellezza era legato al tema della fecondità (per cui seno, fianchi e ventre venivano rappresentati in maniera marcata), alla civiltà egiziana, grande cultrice della bellezza e dell’uso della cosmesi per valorizzarla (Cleopatra e Nefertiti, usavano la kohl per creare occhi allungati e seducenti, donando alla loro immagine femminilità, sensualità, fascino e seduzione), alla ricerca, poi, dei canoni estetici perfetti nel periodo della Grecia classica, dove grazia, proporzione e misura erano percepite come un tutt’uno necessario per donare alla figura femminile equilibrio e simmetria (si pensi alla Venere di Milo fine II sec. A.C.), fino allo stereotipo femminile settecentesco, perfettamente rappresentato dalle iconografie di Maria Antonietta D’Asburgo-Lorena (incarnato bianco, volto coperto da uno spesso strato di biacca, bocca rossa, sopracciglia marcate e ben disegnate, acconciatura molto elaborata e vitino da vespa – reso possibile attraverso l’uso di busti e corsetti che esaltavano fianchi e seno – simbolo di seduzione e femminilità). Però, se nel Settecento la donna doveva rappresentare femminilità e trasmettere seduttività, il prototipo della bella borghese ottocentesca, invece, risiedeva soprattutto nelle marcate rotondità, nelle forme morbide, nel volto tranquillo, simbolo di benessere e di maternità riuscita.

 

IL ‘900 E IL CAMBIO RADICALE DELLA BELLEZZA LEGATO SEMPRE ALL’EMANCIPAZIONE DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ

E’ con l’arrivo del Novecento che l’idea di bellezza femminile risente maggiormente dei cambiamenti politici, sociali ed economici del suo periodo storico. Si assiste all’emancipazione della donna, al movimento femminista e al suo inserimento nel mondo del lavoro. Di conseguenza, cambia il modo di percepire ed esibire il proprio corpo e questo comporta, a cadenza decennale, vere e proprie rivoluzioni estetiche: dalla femme fatale della Belle Epoque, slanciata e sinuosa (forma ad “S”), al fisico atletico e capello corto della garçonne,dalla flapper degli anni Venti, trasgressiva, senza seno, senza fianchi, scattante e dal temperamento nevrotico che ama le sigarette, la musica jazz e Coco Chanel, alle prime pin-up degli anni Quaranta dove la donna raggiunge il massimo della femminilità e della sensualità, al ritorno delle misure canoniche degli anni Ottanta (60/90/60) dove tutte le icone televisive e cinematografiche aspirano a somigliare a Barbie, fino ad arrivare alla magrezza femminile degli anni Novanta.

 

IL CAMBIAMENTO DELLA BELLEZZA NEL TERZO MILLENNIO LEGATO AL NUOVO RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ: DA SOLO “MAMMA” A “MAMMA E MANAGER”

Con il terzo millennio, infine, il cambiamento dello stereotipo femminile arriva insieme al nuovo ruolo della donna che, da madre e moglie, si lancia nella carriera, iniziando a competere con l’uomo sul lavoro, nella ricerca del potere e del successo. Nella nostra società, in cui la comunicazione di massa si è da tempo impadronita dei temi riguardanti immagine corporea e bellezza, in cui si assiste a un’immagine ben determinata dai modelli proposti continuamente dai mass media, intimamente radicati nell’immaginario collettivo e adottati come standard sociali, in una comunità narcisista nella quale tutti aspirano a fare una buona impressione sugli altri, spendono soldi ed energie per essere più belli, apparire più giovani, in cui il successo è al centro dell’interesse, l’essere in forma diventa un imperativo categorico e ogni cultura persegue questo obiettivo a suo modo. Se le donne asiatiche, seguono fedelmente i canoni della bellezza tradizionale, desiderando labbra lucide, pelle di porcellana, sopracciglia lunghe, alimentandosi con riso, tè verde, frutta, funghi cinesi per conservare bellezza e giovinezza, le donne occidentali si servono della chirurgia plastica ed estetica.

 

ETÀ MODERNA: INTENSIFICAZIONE DEL BELLO, SPESSO ANCHE “OSSESSIVA”. QUALI SONO I RISVOLTI PSICOLOGICI?

Se è vero che da sempre le donne hanno desiderato essere belle, oggi si assiste a un’intensificazione della ricerca del bello in tutte le sue infinite sfaccettature, tanto che si parla di vera e propria ossessione, un obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Sicuramente un dato inconfutabile è che la bellezza genera piacere in chi la possiede e in chi la osserva. Platone scriveva: “Ciò che è bello è buono”, ma quali sono i risvolti a livello psicologico?
Studi condotti dalla Psicologia Sperimentale hanno dimostrato che alcune caratteristiche tra cui la statura, la conformazione dei denti, il colore dell’iride, la larghezza della pupilla, la presenza di occhiali e barba, la grandezza delle labbra, il peso, la magrezza delle gambe, la presenza o meno di difetti dermatologici, sembrano assumere un ruolo chiave nell’instaurarsi dei rapporti interpersonali, nel trovare un partner, nella ricerca del lavoro.
La bellezza nei rapporti interpersonali. Già da piccolissimi i bambini più attraenti vengono giudicati più socievoli, estroversi e facili da gestire, in ambito scolastico. I bambini più attraenti sono considerati, infatti, più popolari.
La bellezza in campo lavorativo. Anche in campo lavorativo l’attrattività sembra rappresentare un ruolo chiave. Gli uomini di potere spesso utilizzano come carta vincente la compagnia di donne giovani e belle, cosi come negli impieghi a contatto con il pubblico il fattore estetico viene considerato elemento discriminante ai fini dell’assunzione. Inoltre la bella presenza, esercita un punto di forza nella scelta del candidato da parte degli elettori.

 

LA BELLEZZA COME UN FATTORE POSITIVO PER LA PROPRIA AUTOSTIMA E SICUREZZA MA SENZA FARLA DIVENTARE “OSSESSIVA”

In questi studi sperimentali, viene spiegato come uno dei processi attraverso i quali la bellezza gioca un ruolo chiave nella quotidianità, è determinato dall’effetto alone, un bias cognitivo per il quale la percezione di un tratto è influenzata dalla percezione di uno o più tratti dell’individuo o dell’oggetto. In questo modo, chi è bello è anche buono e intelligente. Un tale giudizio è privo di evidenza e fondamenta scientifiche, ma sicuramente può agire da fattore protettivo nel ridurre alcune manifestazioni d’ansia come l’ansia sociale: le persone tendono ad attribuire rinforzi positivi alle persone maggiormente attraenti e questo rappresenta un punto di forza per l’incremento della sicurezza in se stessi. Se includiamo questo aspetto all’interno del concetto di salute come uno stato di completo benessere corporeo, mentale e sociale, allora è plausibile considerare la bellezza come un fattore positivo per la propria autostima, purché il desiderio di migliorarsi e di percepirsi più attraenti non sconfini nella convinzione che essere come si è non vada bene e che si debba correggere ossessivamente ciò che non corrisponde ai modelli indicati dalla società odierna.